Quando guidavano le stelle by Alessandro Vanoli

autore:Alessandro Vanoli [Vanoli, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Storica paperbacks
editore: Società editrice il Mulino, Spa
pubblicato: 2019-01-14T23:00:00+00:00

Terza navigazione

A Bisanzio nel 1452

Devo continuare?

Dalle spesse vetrate di Santa Sofia filtra una luce gialla e livida. Attorno silenzio. Il legato papale Isidoro di Kiev, l’imperatore, il vescovo di Mitilene, una folla di mercanti. Alcuni si scambiano uno sguardo di sottecchi, i più fissano il Cristo con le lacrime agli occhi. Nicolò riprende: «Un colpo dalla bombarda grossa, il 26 novembre dell’anno 1452… dal castello sul Bosforo hanno affondato la nave. Ripescati tutti dall’acqua e mandati prigionieri ad Adrianopoli, dal Turco… molti marinai li hanno decapitati, il capitano Rizzo no… lui l’hanno impalato».

Il silenzio cala nuovamente, ancora più pesante. Quelli più colti tra i presenti forse ripensano ad Erodoto, perché molti secoli prima il governatore persiano Artaicte aveva finito la sua vita in modo molto simile, quasi nello stesso luogo. Alcuni tra i mercanti, però, non pensano ai libri, perché lo conoscevano, Antonio Rizzo: un bell’uomo, di mezza età, così allegro; sempre così allegro. Non è la violenza a fare orrore. Torturare un prigioniero, decapitare un traditore, tutto questo va bene. È nell’ordine delle cose. Ma quando la violenza si mostra nel volto e nel corpo di un uomo con cui hai condiviso un viaggio, una battaglia o anche solo la tavola, allora è diverso. La sua vicinanza ti obbliga a interrogarti su cosa lui ha provato e su cosa proveresti tu; ed è come se quel dolore incombesse improvvisamente anche sulla tua vita lasciando un’opprimente traccia di paura. Forse alcuni, qui nella chiesa, stanno provando davvero a immaginarlo Antonio, in quegli ultimi istanti: gli occhi spenti dal dolore, il corpo umiliato e trafitto da un palo ingrassato; un torpore freddo che sale lento dalle braccia e dalle gambe; e un’ultima lontana coscienza che prega solo che tutto finisca; perché lo sanno che, se ben eseguito, quello è un martirio che dura ore e ore.

Nicolò Barbaro guarda i presenti come a cercare sostegno. Alcuni bisbigliano tra loro dubbi e opinioni; altri alzano la voce in piccoli gruppi e poco a poco il silenzio si dirada in un brusio sempre più fitto. Forse è l’emozione del momento; forse è vera convinzione. Fatto sta che la voce che si alza dalla folla è quasi unanime: le galee veneziane che ora sono a Costantinopoli devono restare là. Perché senza di esse il turco dilagherà in men che non si dica. Il fatto è che lo sanno tutti già da tempo; e se mai fosse possibile, in questo freddo inizio di dicembre 1452 la notizia della morte di Antonio Rizzo lo ha reso ancora più chiaro. Poco tempo fa, nel punto più stretto del Bosforo, è sorto come dal giorno alla notte un castello. Nel giro di pochi mesi le maestranze di Maometto hanno innalzato tre enormi torrioni uniti da spesse mura e hanno armato quella fortezza con gigantesche bocche da fuoco. Ora è chiaro che da lì non si passa più e ogni nave in aiuto a Bisanzio verrà affondata. La fortezza di Rumeli Hisari sul Bosforo è la più manifesta dichiarazione di guerra che Bisanzio, Venezia e la cristianità tutta potessero aspettarsi.

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